Le mani sull’acqua

Sprechi, sprechi, sprechi. L’incubo del nuovo millennio economico-politico. Le ragioni della reversibilità e dell’efficienza, necessarie al funzionamento organico di un governo ultramoderno e tecnologico, si scontrano anno dopo anno con gli effetti del progresso. Che siano le nuove possibilità offerte dalla prossima green-economy un possibile vaccino contro la prepotenza industriale, che riversa senza sosta nella natura tutto quello scarto di produzione che costituisce un inutile sovrapprezzo?

Ma andiamo con ordine e non cediamo immediatamente a facili ambientalismi al fine di arrangiare un qualche slogan originale. Non ci colpiscono ormai quasi più di tanto le innumerevoli quantità di immagini in cui i più bei paesaggi vengono brutalizzati dall’inquinamento umano. Uno spettacolo osceno che dall’ultima ondata di trend studentesco ora sembra aver perso la sua capacità di destare scalpore. Il motivo è presto detto: fino a quando la questione rimarrà confinata in quello straripante bacino di temi sociali plausibili per una propaganda politica fine a sé stessa, non si giungerà mai totalmente ad un cambio di passo radicale su scala mondiale. In particolare, affinché si cicatrizzi veramente come inclinazione spontanea, io credo che il grande tema del risparmio energetico debba essere affrontato non tanto in chiave economico-scientifica, ma riconsiderando nuovamente le premesse morali che stanno alla base della vita dell’uomo con la natura; in primo luogo a proposito della definizione di essa in quanto bene.

Ne è un caso emblematico l’acqua, oggetto delle più resistenti rivendicazioni private. Dal mio punto di vista infatti, scomodando la famosa quanto elementare definizione, dove vi sia un diritto alla vita non può non esserci un diritto all’acqua. Questo perché il problema della gestione di risorse pubbliche inalienabili non può essere risolto da un’impresa nei termini di guadagno e perdita. Solo un piano organizzato nelle sedi di Stato è in grado di valutare in maniera oggettiva ognuna delle condizioni che possano risultare vantaggiose o meno per tutta la cittadinanza.

I successivi provvedimenti, se da una parte garantirebbero logicamente l’accesso universale all’acqua, dall’altra assicurerebbero di conseguenza il rispetto della natura in quanto bene, proprio in virtù di quella consapevolezza per cui rispettare l’ambiente equivale, in ultima analisi, a salvaguardare la salute pubblica, non il portafoglio di pochi.

Per concludere, in una parola, a mio parere la diffusione degli sprechi e l’indifferenza spesso generale verso questo reale problema sono un sintomo del processo di deresponsabilizzazione del cittadino nella società occidentale.