La fatica è quella di insegnare, la fatica sprecata è quella di provare a creare una scuola di valore in un mondo in cui valori perdono valore.
Per una volta, una delle poche in quasi trent’anni di amicizia, raccolgo la provocazione di Peppone e faccio mio, a modo mio, il titolo di un bel libro del sociologo inglese Frank Furedi.
La fatica è quella di insegnare, la fatica sprecata è quella di provare a creare una scuola di valore in un mondo in cui valori perdono valore. Insomma, un bel rebus, in cui le parole ruotano intorno a concetti quali istruzione, educazione, responsabilità, amore per il mondo.
Scriveva Hannah Arendt che “l’educazione è il momento che decide se noi amiamo abbastanza il mondo da assumercene la responsabilità e salvarlo così dalla rovina, che è inevitabile senza il rinnovamento, senza l’arrivo di essere nuovi, di giovani”.
La fatica non sprecata è, dunque, la sensazione di averci provato e per certi versi, esserci riuscito.
Non mi sarebbe mai passato per la testa di sfogliare le 262 impegnative pagine del volume, se oggi (che ho un figlio, un essere nuovo anch’egli) non avessi voluto dedicare un post al nostro Francesco.
Quando la mattina arrivavo di corsa a Salerno per iniziare la lezione alle 8.30, mi trovavo tutti i ragazzi fuori dall’aula e tra i ragazzi, tra i più presenti e incuriositi, all’inizio come all’intervallo e come alla fine, c’era un ragazzo alto, capelli lungi e lisci, occhiali spessi, barba lunga, una felpa generalmente e passi lenti ma pensanti. Quel ragazzo, era Francesco.
Me lo sarei ritrovato poi una mattina dell’aprile 2009, nella piccola sala riunioni di via Vasi, al termine di una chiacchierata con Antonio e Vittorio, che mi ferma, si sistema la felpa e timidamente mi chiede se può stare da noi un po’, giusto per respirare il clima dell’agenzia.
Quel po’, arriva a oggi, 30 luglio 2012. Più di tre anni a dialogare, confrontarci, stimolarci, talvolta scontrarci, dal QrCode diffuso nei bagni pubblici di Stoccolma per lanciare Uomini che odiano le donne al 110 e lode con cui si è laureato, passando per presentazioni ai clienti, gestione campagne, pianificazioni, amministrazione, new business, gare. Del resto, il clima della nostra agenzia è sempre stato molto trasversale (dall’equatoriale al glaciale) e io ho sempre immaginato che lasciarlo respirare per intero, all’ultimo arrivato così come al primo, contribuisse ad allargare i polmoni della professionalità per affrontare spazi più ampi e strutture più profonde.
Sulla copia delle tesi che ho nella libreria di casa, c’è una dedica che recita “Per te che hai creduto in me”. Avendo creduto in te, Francesco e credendoci ancora molto, adesso che hai deciso di intraprendere nuove vie, proprio adesso che noi stiamo intraprendendo nuove vie, non posso non pensare alla tanta fatica fatta e considerarla tutt’altro che sprecata. Buona fortuna, anima 2.0